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Categoria: Autobiografia
Editore: Schena
Pagine: 267
ISBN: 88-7514-505-9
Anno: 1991

Visite: 2034

Stato prestito: Disponibile

Disponibilità: 1/1

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Recensione

Il lettore farà bene a dare uno sguardo all'indice dei capitoli. Si farà subito un'idea della varietà e complessità di questa seconda parte della trilogia autobiografica di Joseph Tusiani: intervista a Martin Luther King(cap.2); il football nell'interpretazione di una casalinga puglise ( cap.3); la gita in macchina nell'Harlem dei negri e la morte del piccolo Charley (cap.4); una madre che va alla scuola serale per capire le telefonate delle sfacciatelle; Maichino innamorato di una negra? (cap.6); la storia del trombone negli anni della Grande Depressione (cap.7); un docente fiorentino insulta gli emigrati della Bassa Italia (cap.9); un pranzo di gala al Plaza Hotel coi più grandi letterati d'America e il suicidio di Anne Sexton (cap.10); lotta in casa, fra Puglia e Sicilia ovvero il campanilismo delle Piccole Italie (cap.11); per difendere l'onore dei genitori le reclute fanno mangiare al sergente un'intera resta d'aglio italiano (cap.12); la questione della dote.. ma cos'è la dote in America?; Il matrimonio e due pistole in chiesa..;Astoria Manor e San Marco in Lamis in un unico sogno (cap.14). Protagonista è la "Piccola Italia" di Arthur Avenue nel Bronx di New York. Più che ispirare ogni azione, essa la plasma, dando a ogni personaggio la sua stessa vita, i suoi umori, i suoi ideali, i suoi drammatici e imprevedibili contrasti.E' in questa "Piccola Italia" che l'iniziale dissidio tra due fratelli si colora di tinte nuove e sottili fino ad acquistare una dimensione ignota allo psicologo.Ma, pur essendo gran parte della vicenda qui narrata, la storia di due fratelli,apparentemente divisi da tutto ciò che è italiano più che dalla differenza di ventiquattro anni, finisce col diramarsi in altre storie parallele, in altri contrasti ugualmente drammatici e imprevedibili. E' la stessa "Piccola Italia" che trionfa coi suoi più umili eroi, quale "Cocò", il novantenne vegliardo di Belmont, simbolo di tutta la nostra emigrazione, e con l'insegnamento dei suoi antichi valori. La "parola nuova" è solo "nuova" in apparenza: sostanzialmente e spiritualmente, è antica come la civiltà dei suoi genitori pugliesi.

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